Amanti del mistero, rieccoci: finalmente riprendiamo il nostro viaggio alla scoperta delle origini del mentalismo!
Nelle tappe precedenti, abbiamo incontrato diverse figure enigmatiche che potevano avere qualcosa in comune con i mentalisti, cioè:
Con questo articolo, il nostro percorso giunge a un punto di svolta: è il momento di conoscere due personalità che ci offriranno le chiavi per accedere al mondo del mentalismo vero e proprio.
Mi riferisco a due artisti della prima metà del Novecento che, per motivi diversi, hanno lasciato un’eredità significativa.
Signore e signori, ecco a voi due pionieri del mentalismo!
Alexander, l’uomo che sapeva
Nato nel 1880 in South Dakota, Claude Alexander Conlin si esibiva con lo pseudonimo di “Alexander, l’uomo che sa” o “Alexander, il veggente del cristallo”.
Durante le sue esibizioni, il pubblico poneva domande, e l’artista rispondeva dal palco, inscenando atti di telepatia e chiaroveggenza.
Se avete seguito le puntate precedenti di questo percorso, il riferimento ai poteri di medium e sensitivi vi suonerà famigliare.
In effetti, abbiamo già visto che proprio queste facoltà paranormali sono tra le principali fonti di ispirazione delle performance dei mentalisti.
Con Alexander, quindi, comincia a compiersi quel passaggio che porta dritto alle origini del mentalismo.
Per i mentalisti, il punto non è sostenere che la lettura pensiero sia reale, derivata da presunti poteri sovrannaturali.
Piuttosto, ciò che conta davvero è catturare il pubblico, creare mistero, suscitare meraviglia, cioè, in poche parole, offrire uno spettacolo emozionante.
Così, Alexander doveva avere un grande senso dello spettacolo e doveva dedicare molta cura alla costruzione della messinscena, come ci dimostrano i suoi pseudonimi e le locandine dei suoi show.
Nei manifesti vediamo l’artista con un voluminoso turbante in stile orientaleggiante, o mentre fissa una sfera di cristallo.
Anche se oggetti di questo tipo oggi possono farci sorridere, all’epoca dovevano risultare perfetti per creare un’atmosfera misteriosa e avvincere spettatrici e spettatori.
Non a caso, Alexander ebbe uno straordinario successo e, quando raggiunse l’apice della sua carriera, intorno al 1920, divenne il mentalista più pagato al mondo.
Secondo certe fonti, nel corso della vita, l’uomo fu coinvolto in estorsioni, traffico illegale di alcool e perfino sparatorie, ma non ci sono prove certe di questo suo passato criminale.
Personalmente, mi piace pensare che sia stato lo stesso Alexander a diffondere certe voci controverse, per alimentare quell’alone di mistero che avvolgeva il suo personaggio e che era fondamentale per i suoi spettacoli.
Theo Annemann e il Mentalismo Pratico
Nato nel 1907 nello Stato di New York, Theodore Anneman è considerato a tutti gli effetti il padre del mentalismo moderno.
L’uomo per un certo periodo lavorò come impiegato per le ferrovie, ma ben presto cominciò a sentire il richiamo del palcoscenico.
Mosse i suoi primi passi nel mondo dello spettacolo come cantante tenore, per poi diventare l’assistente di un mago.
A quel punto, il gioco era fatto: Annemann ci mise poco a “rubare la scena”, conquistandosi un ruolo da protagonista.
Tra le performance che lo resero celebre, c’è quella del bullet catch: un numero che si propone ancora oggi, in cui l’artista ferma un proiettile sparato direttamente contro di lui.
Ma conosciamo tanti altri effetti che Annemann presentava, anche grazie a testi che lui stesso ci ha lasciato.
Infatti, l’uomo pubblicò diversi manoscritti dedicati a illusionismo e mentalismo, e fu autore anche di una rivista sugli stessi temi, intitolata “The Jinx”.
Molti di questi materiali sono stati poi raccolti nel libro intitolato Practical Mental Magic (tradotto in italiano come Mentalismo pratico).
Pubblicato postumo nel 1944, il volume è una specie di manuale, che illustra tantissime tecniche per realizzare esibizioni straordinarie.
Con questa opera, si afferma quindi una nuova visione del mentalismo, concepito come una vera e propria arte, basata su principi, conoscenze e capacità specifiche che devono essere studiate a fondo.
Come altri grandissimi artisti, purtroppo Annemann era affetto da depressione e morì suicida, nel gennaio 1942.
Il suo nuovo spettacolo, che aveva già registrato il sold out per la prima a Manhattan, non andò mai in scena.
In compenso, però, l’eredità di questo genio non è andata perduta: la sua idea di mentalismo è ancora viva e le performance che ci ha tramandato si continuano a mettere in scena nei teatri come negli studi televisivi!
Dalle origini del mentalismo agli artisti contemporanei
Se le figure di Alexander e Theo Annemann vi hanno intrigato, non dovete perdere la prossima puntata del nostro viaggio.
Dopo aver esplorato le origini del mentalismo, è il momento di incontrare i più grandi esponenti contemporanei dell’arte!